2 giugno: chi festeggia ai Fori Imperiali
e chi con i terremotati
La parata militare del 2 giugno, con le sue polemiche, è archiviata. Un’ora soltanto (dalle 10 alle 11) invece delle due dell’anno scorso e un milione e mezzo di euro spesi invece dei 4 del passato. E poi niente Frecce tricolori, niente camion, carri armati, missili, radar e cannoni, solo qualche jeep che trasportava i più alti ufficiali. Niente cavalli, tutti a piedi corazzieri compresi. E niente fanfare: o meglio fanfare a singhiozzo, dal momento che davanti alla tribuna presidenziale, sotto la quale erano i labari delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, si sono tutte zittite (tranne i tamburi) in segno di rispetto per le vittime del terremoto. Molta enfasi per i volontari della Protezione Civile, i Vigili del Fuoco, la Croce Rossa, e nessun discorso, solo l’affermazione della dedica di questo momento alle popolazioni colpite dal sisma. Insomma non un’esibizione muscolare di un paese impegnato con 7.000 soldati in più scenari di guerra nel mondo, ma una dimostrazione di sobrietà: dettata innanzitutto dalla crisi economica che aveva già fatto decidere forti tagli di spesa, e poi dal terremoto e dalle polemiche suscitate dalla decisione di non sospendere l’evento com’era invece avvenuto nel 1976 dopo il sisma del Friuli.
Ognuno può fare le sue valutazioni sull’opportunità o meno di aver comunque speso un milione e 500.000 euro per un’ora di spettacolo anziché destinarli ad altro (e ce ne sarebbero di necessità pubbliche…); e sull’altro modo di festeggiare la Festa della Repubblica: quello più silenzioso dei tre leader di CGIL CISL e UIL che anziché in via dei Fori Imperiali si sono recati nei paesi terremotati dell’Emilia Romagna, dove per la verità il governo (impegnato alla parata romana) aveva mandato in sua vece il ministro per la cooperazione internazionale Andrea Riccardi. Le istituzioni, prima di tutto. Dice qualcuno. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si recherà il 7 giugno in visita ai luoghi colpiti dal sisma.