E’ piuttosto bruttino (nella media del suo genere) ma batte tutti i record con i suoi 1,5 micron di lunghezza e 0,5 di diametro. Ma non sono queste le sue “qualità” principali. Ciò che fa del Pithovirus Sibericum qualcosa di eccezionale è l’essere il più grande virus finora scoperto (150 volte più grande di quelli normali), sono i suoi 32.000 anni di vita e soprattutto il fatto che sia stato resuscitato dall’uomo dopo un letargo così lungo: è la prima volta che succede. Va precisato che non è pericoloso per uomini e animali, perché ci ciba solo dell’ameba del genere Acanthamoeba.
Ma mentre chi lo ha riportato in vita, in Francia dopo che scienziati russi l’avevano estratto dai ghiacci del permafrost siberiano, pubblica il 4 marzo il suo lavoro Pithovirus: un virus géant venu du fond des âges, lo stesso autorevole scienziato – Jean- Michel Claverie direttore all’Università di Aix- Marsiglia del Laboratorio informazione genetica e strutturale del CNR francese, fa sapere al quotidiano Liberation che i russi hanno già rianimato batteri congelati da oltre un milione di anni nei ghiacci della Siberia orientale, nello stesso posto dov’è stato trovato questo virus, ossia nella pianura del fiume Kolyma (in foto) in Jacuzia , a 30 metri di profondità dove questi organismi viventi si conservano benissimo al freddo e in assenza di luce e di ossidi, con pH neutro. C’è da aspettarsi che dai laboratori Cryology di Pushchino dell’Accademia delle scienze russe (nei pressi di Mosca) usciranno altre interessanti novità, dal momento che i russi continuano a scavare i bordi ghiacciati di un canyon prodotto dall’erosione del fiume. Da questo stesso canyon proviene il campione di Pithovirus prelevato nel 2000, mantenuto a 80 gradi sotto zero e consegnato nel 2012 ai francesi per la riproduzione. In quel medesimo luogo è presente torba congelatasi 3 milioni di anni fa, all’interno della quale probabilmente c’è davvero di tutto.
Il megavirus si è riprodotto in miliardi di esemplari
Il laboratorio di Marsiglia che ha riportato in vita questo virus così speciale ridandogli il calore naturale che aveva nel clima di 32.000 anni fa, lo ha già fatto riprodurre in diversi miliardi di esemplari. Per riprodursi Pithovirus si ciba, come tutti i virus, di altri organismi: in questo caso dell’ameba. Ma, come evidenzia Elizabeth Rivkin responsabile del laboratorio criologico dell’Istituto di Fisica- Chimica- Biologia e Scienza del suolo di Pushchino, ha un particolare modo di cacciare: si finge un batterio per farsi avvicinare dalla sua preda che così cade in trappola. In foto il professor Jean- Michel Claverie assieme alla collega Chantal Abergel.
Mega virus scoperti 10 anni fa
La scoperta dei primi mega virus risale a 10 anni fa. Si tratta di virus così grandi da essere visibili al microscopio tradizionale e non più solo con quello elettronico. Ne sono già stati trovati oltre 10. Per riprodursi non hanno bisogno, a differenza degli altri, del nucleo della cellula ospite, ma formano nel suo citoplasma un impianto virale che usa il nutrimento stesso e i ribosomi dell’ospite per le proprie funzioni: sono quindi molto più autonomi rispetto agli altri virus.
Di mega virus il centro di ricerca di Marsiglia ne ha scoperti altri tra cui nel 2003 il primo virus gigante chiamatoMimivirus. Prima del Pithovirusil primato di grandezza di un virus era del Megavirus Chilensis (in foto) che aveva 0,7 micron di diametro: pure questo infetta amebe e organismi unicellulari che galleggiano nel mare.
Rischi futuri per nuovi e vecchi virus
Lo spessore del permafrost siberiano dal 1970 ad oggi si è ridotto e si prevede che continuerà a scendere. Oltretutto in zona sono attive esplorazioni minerarie che provocano perturbazioni ai suoli. L’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti scrive: La rinascita di questo virus suggerisce che il disgelo del permafrost possa dipendere dal riscaldamento globale o dallo sfruttamento industriale delle regioni circumpolari. Questo potrebbe non essere esente da future minacce per la salute degli esseri umani o degli animali.
Non va dimenticato – precisa il prof. Jonathan Palla, virologo dell’Università di Nottingham – che c’è sempre il pericolo che gli antichi ceppi del vaiolo debellato 30 anni fa, possano tornare in vita. Tuttavia non è detto che tutti i virus si comporterebbero come il Pithovirus.
Ci sono infatti virus robusti (come quello del raffreddore e dell’afta epizootica) e altri deboli (influenza, HIV). Inoltre se un virus rinasce, gli serve immediatamente un organismo da infettare per riprodursi.
Né bisogna dimenticare che esistono molti laboratori nel mondo in cui si conservano virus letali: ufficialmente per scopi scientifico- sanitari, ma quasi certamente utilizzabili senza tanti scrupoli in caso di guerra. Su tutti, il virus del vaiolo (malattia sconfitta nel 1979 dopo aver provocato nel solo Novecento 400 milioni di morti) di cui si conservano i ceppi in un laboratorio degli Usa e in uno della Russia. E sono proprio questi due Paesi a opporsi perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne preveda la distruzione, come vorrebbe: ufficialmente le autorità russo- americane sostengono che è meglio conservarli per studiare eventuali vaccini in caso il vaiolo si ripresenti. Anche per la peste bovina (debellata) Usa e Russia si oppongono a distruggerne i virus.
La presenza di virus deve spaventarci? Assolutamente no. Ogni giorno ne inaliamo a migliaia e ne inghiottiamo miliardi quando ingeriamo per errore acqua di mare, ricorda il virologo canadese Curtis A. Suttle della British Columbia University.
Questi i virus oggi più pericolosi
Ecco i virus presenti nel mondo, riportati per numero di morti causati annualmente : 1. Rotavirus (611.000), 2. Epatite B (521.000), 3. Influenza ed Epatite C (500.000 ciascuno), 4. Morbillo (197.000), 5. Hantavirus (70.000), 6. Rabbia (55.000), 7. Febbre gialla (30.000), 8. Dengue (25.000); 9. HIV (3.100). Nella cartina le zone di maggior diffusione del Dengue.
E queste sono due immagini del piccolo mammuth di 9 anni di età (+ 30.000 di sepoltura) trovato nel 2009 a Yakutsk vicino alla città di Oygoz Yar in Jacuzia e ora studiato a Mosca dove se ne sta esaminando il cervello. Erano cent’anni che non si rinvenivano più mammuth adulti: il primo, trovato nel 1909 nel fiume Beriozovka affluente del fiume Kolyma, si ammira oggi al Museo Zoologico di San Pietroburgo. Di questo cucciolo si sta ora studiando il cervello.