Usiamo tra l’1 e il 16% delle potenzialità del nostro cervello. Ma se riuscissimo ad attivarlo completamente ci succhierebbe un’energia tale da metterci probabilmente ko. Lo ha ricordato oggi nell’aula magna dell’Università di Padova lo psichiatra di fama internazionale Vittorino Andreoli, invitato dal Centro Studi Alvise Cornaroche si occupa di ricerche sull’invecchiamento dell’uomo, al convegno A tavola non si invecchia.
Quando siamo a riposo– ha proseguito il docente – il nostro cervello consuma il 20% delle calorie ingerite in una giornata, pari al 2% del nostro peso: il consumo minimo ci permette immediate reazioni senza dover impiegare troppo tempo per riattivarci.
Poi a proposito della preoccupazione di molte mamme alle prese con figli di 4 anni che sembrano non voler più crescere, ha spiegato che più o meno a quell’età (come dimostra un recente studio) il bambino consuma il 60% dell’energia assorbita col cibo perché gran parte gli serve ad attivare un numero impressionante di connessioni cerebrali che richiedono molte sostanze nutritive. Dobbiamo capire che il cervello, con i suoi 80 – 90 miliardi di neuroni è affamato. Si tratta di cellule connesse tra loro in modo diverso; così una sola può essere in contatto anche con 10.000 altre secondo relazioni complesse. Perché ognuno di noi vive connesso agli altri, a tutto il mondo.
Desiderio e neuroni specchio
A proposito di cibo, il professor Andreoli ha insistito sul valore bio – psicologico del desiderio: Studiando i neuroni specchio che si attivano quando ci rapportiamo con qualcuno e anche quando desideriamo qualcosa, oggi sappiamo che il desiderio innesca reazioni chimiche e fisiche nel nostro organismo. Mangiare è un piacere non solo valutabile a livello di gusto, ma anche di relazione e di ritualità sociale, è un’occasione simbolica per riunirsi. Attraverso il cibo esprimiamo molte caratteristiche mentali e mangiare ci gratifica e ci serve a combattere le continue frustrazioni quotidiane.
Poi ci sono i casi limite, anoressia e obesità. L’anoressia non è un fenomeno completamente femminile: sul totale di 100 persone colpite, 12 sono maschi. Gli anoressici si convincono che il cibo inquina il loro corpo e vuole possederli e perciò va evitato: ma il fenomeno principale per loro non è il non mangiare, bensì il vomitare sostanze solide, ma anche la sola acqua che comunque rappresenta un nutrimento. Una ragazza che abbiamo avuto in cura arrivava a vomitare anche 40 volte al giorno. L’obeso invece è preda di una pulsione che lo porta a continue indesiderate abbuffate, ad un eccezionale approvvigionamento di zuccheri. E l’Italia ha il più alto numero di bambini obesi d’Europa.
Mangiare è un’azione molto complessa, insieme organica e psicologica; che può essere dettata dalla vera fame che induce a ingoiare qualsiasi cosa per sopravvivere, o dal semplice appetito (legato all’esperienza) che ci fa continuare a mangiare anche a pranzo appena concluso. E’ la memoria del cibo a indurci a desiderarne ancora. Poi ci sono anche gusto e sapore, strettamente connessi tra loro: basta pensare che, bendati e col naso tappato, perdiamo completamente il gusto di ciò che stiamo mangiando e non riusciamo a distinguere tra un pezzo di formaggio e un pezzo di carne.
A stabilire quando e come alimentarci non è solo l’ipotalamo che regola fame, sete e sazietà, ma sono anche strutture periferiche come neuroregolatori e ormoni e il cosiddetto “cervello gastroenterico” (intestinale) da dove partono gli stimoli.
Il cervello giovane dei vecchi
Infine una buona notizia per i vecchi. L’età anagrafica non corrisponde per forza all’età cerebrale delle persone. Quindi non è vero ciò che fino ad ora credevamo, e che cioè nella terza età si va incontro al declino cerebrale. Per secoli abbiamo creduto che il cervello, una volta comparso nel bambino il linguaggio, restasse immutato fino alla morte. E poi la scoperta scientifica più importante degli ultimi 30 anni – prosegue Vittorino Andreoli – Oggi sappiamo che oltre alla parte del cervello deputata alle attività automatiche esiste il cervello plastico (posto sopra gli occhi) che sa organizzarsi strutturalmente sulla base delle esperienze che facciamo. In pratica ogni nuova esperienza viene filtrata dai lobi frontali e tempo – parietali che riorganizzano i circuiti neuronali rinnovando continuamente le connessioni cerebrali. Anche i vecchi quindi hanno il cervello plastico attivo e sempre in grado di modificarsi e di “scolpire”,come dicono i neuropsichiatri. Sempre a patto che si viva in un ambiente vitale in cui ci sono scambi interpersonali. Le capacità diminuiscono invece nei vecchi che vengono messi da parte. Ma noi faremo un’accanita resistenza. Con me farebbero una fatica enorme a rottamarmi!