Ne usciremo migliori
Terza puntata del dialogo sul Coronavirus con Mauro Verteramo, psicoanalista junghiano di Padova.
L’esperienza che questa quarantena ci sta formando come potrà portarci a un cambiamento positivo?
E’ come se ci stessimo prescrivendo da soli il sintomo di cui ci siamo ammalati. È una pratica antica quella del simile che cura il simile. Il passaggio indispensabile per guarire sta nell’esperire il massimo isolamento possibile come massima apertura e condivisione con tutti: lì troviamo, consapevolmente, quella massima libertà e quella massima coercizione che in fondo, come la morte, ci libera. Ogni passaggio è terribile e sublime allo stesso tempo. Questo ci viene chiesto di fare: essere “coercitivamente liberi” da legami; ricordiamo che Sacro in fondo significa “sciolto da legami” per essere d’altra parte pienamente coercizzato dai legami stessi. L’isolamento è poi una prima forma di riflessione su tutto ciò (reflexo significa ritiro). Nascono già nuove immagini.
In questa situazione circolano video di delfini tornati nei porti ora che navi e barche restano ferme; lepri, daini e cinghiali che scorrazzano nelle città svuotate: segni della Natura che si riaffaccia.
Mai come in questo momento si vedono quindi le persone, la loro capacità di solitudine e nello stesso tempo la capacità di tenere le relazioni con l’altro. Di fronte all’angoscia siamo tutti uguali, ma è davanti ad essa che acquisiamo la misura della nostra soggettività. Per inciso poi la lepre è un simbolo di Pan, si dice che alla sua nascita fosse stato avvolto in una pelle di lepre.
Non siamo ancora in grado di dominare il contagio, ma nemmeno di capire dove si trova il virus e come vincerlo…
Siamo sotto l’egida di un potere più grande di noi. Questo dà il segno dei nostri limiti che avevamo dimenticato di avere rispetto alla Natura. In fondo essa è la realtà che ci trascende e di cui noi facciamo parte, e non viceversa.
Siamo di fronte alla vendetta della Natura rispetto al nostro senso di onnipotenza?
Non vendetta, piuttosto riequilibrio. Umanità e natura sono entrati in un disequilibrio e la Natura ha attivato una sua risposta compensativa che ci sta facendo ricordare di essere parte di un tutto. La Natura è dentro di noi, non soltanto fuori. E dall’interno ci mette in contatto con incubi, panico, blocco del respiro, morte.
Come ne usciamo?
Quando faremo coscientemente ciò che la situazione richiede, quando avremo sacrificato i nostri vecchi adattamenti. Ci viene chiesto di isolarci (per non ammalarci e per non contagiare gli altri) ed entrando in quarantena dobbiamo lasciare il lavoro, i piaceri della passeggiata, la gita, perdere soldi e lavoro; ma paradossalmente proprio così entriamo più in contatto con la natura vera, con l’autentica intimità con l’altro, con un nuovo senso di natura più connesso alla nostra anima. Facciamo passi indietro per riappropriarci della vita e costruiamo un nuovo rapporto con l’universo. Il sacrificio porta sempre a un risultato positivo, se fatto sul serio e stavolta è cosa seria: ci fa capire che ci troviamo di fronte a qualcosa di più grande e il collettivo predomina il nostro soggettivismo. Abbiamo già parole e prospettive nuove. E’ un giro di volta. Quindi ne usciamo quando con sacrificio ci inchiniamo al nuovo facendo un’esperienza di “morte” cosciente. Una volta rientrati in sintonia con la Natura allora la vita individuale potrà tornare alla relazione e l’angoscia passata segnerà il passaggio, la socialità riprenderà una vicinanza più intima e l’intimità una distanza meno soffocante. Capiremo il significato di cose che prima davamo per scontate. Ciò che era diventato automatico (una stretta di mano, un abbraccio) assumerà un significato più profondo.
E’ un passaggio di crescita per tutti gli uomini.
Un tempo c’erano le guerre da cui si usciva più uniti e consapevoli…
Esatto, ciò che sta accadendo è un’esperienza comune all’intera umanità; fortemente maturativa ed equilibrante. Forse senza precedenti, nonostante in passato le guerre mondiali, la peste ed altre pandemie siano state molto peggiori.
Ragionare dentro un regime di sopravvivenza ci fa scoprire la sacralità della vita e della Natura. Simbolicamente perdere pezzi inutili e ingombranti è paragonabile alla psicoterapia che aiuta l’individuo a scartare ciò che lo fa vivere male.
Nell’isolamento la gente cerca di sdrammatizzare…
Niente di nuovo sotto il sole. Anche questi comportamenti “parlano” da soli: nella Grecia antica il dio Pan era infatti ritualizzato con balli, canti, movimento… Un po’ quello che abbiamo visto nei primi giorni sui balconi italiani. Quando la Natura si blocca, l’uomo reagisce facendo rumore perché da sempre siamo convinti che la negatività va scacciata facendo sentire che noi siamo presenti e abbiamo forza e creatività. Si tratta di riti collettivi inconsci. La gente non lo sa, ma la Psiche sì. In noi oggi si riverbera qualcosa che sempre vive nell’archetipo.
Quindi se da questa tragedia l’umanità ne uscirà più umana dovremo ringraziare un invisibile virus?
La Natura ci sta aiutando a vedere dove stavamo andando, ci sta facendo uscire da vecchi adattamenti. Ogni persona è chiamata a confrontarsi con queste energie numinose (terrorizzanti e al di là della nostra consapevolezza) che sono autonome rispetto a noi e legate al tema del sacro, inteso come qualcosa più grande di noi che ci determina.
Possiamo dirci (in fondo) privilegiati, perché veniamo chiamati uno a uno a confrontarci per crescere. È un momento epocale ed è molto positivo che tutti siamo attenti a tutti, forse per la prima volta, a proteggere la collettività di cui facciamo parte: comprendiamo che siamo uniti, ogni persona mi ri-guarda intimamente. Ogni mio comportamento vale a salvare la mia salute e la mia vita, ma anche quella di tutti gli altri: concetto per nulla scontato.
Saremo comunque diversi
Nei territori dove si è capito che rispettando le regole si può non morire, emerge pian piano una nuova domanda: quando tutto questo finirà (e un po’, per certi aspetti a qualcuno perfino dispiacerà) veramente avremo fatto un cambiamento o tutto tornerà come prima?
Non si può più tornare come prima. Comunque sia tutti siamo dentro un cambiamento; e sarà comunque una trasformazione di tutti. È un’esperienza, libera e coercitiva insieme, che è come un valico che si è attraversato; chi più consapevolmente chi meno, ma tutti saremo cambiati. Questo fatto avrà a mio parere più senso per i giovani, poiché il futuro che si apre in loro sarà figlio anche della memoria di ciò che accade oggi. Certo non tutto andrà sempre liscio, non è che non accadranno altre possibili pandemie; la Storia ci informa della loro periodicità. Ma ogni cosa arriva nel suo momento, per aggiustare il tempo se il tempo non è giusto.
Jung ci descrive questo processo con una antica storiella orientale: in un villaggio le colture non crescevano più e la gente non aveva di che mangiare; chiamano allora da un lontano paese un vecchio saggio che appena arriva sul suo carro trainato dai buoi, inizia a dire che lì c’è troppa puzza e che per questo vuole una capanna al limite del villaggio, per soggiornare tranquillo. Dopo qualche giorno la pioggia magicamente ritorna, pulendo l’aria e dando acqua alle colture. La vita riprende. Ecco come funziona il Sé psichico: il vecchio saggio, apparentemente facendo nulla, con la sua sola presenza e la sua naturale relazione con la vita, rimette tutto in equilibrio. Così è la psiche, quando un equilibrio si altera, ecco che si attiva un processo compensativo, un processo naturale.
Jung diceva: Gli Dei rimossi sono diventati malattie. E diceva anche: L’irrazionale non può e non deve essere estirpato. Gli Dei non possono e non devono morire. Guai agli uomini che vogliono disinfettare razionalmente il cielo, Dio stesso è penetrato in loro perché non hanno riconosciuto l’esistenza della sua funzione.
Quanto abbiamo detto potrebbe essere ancora ulteriormente approfondito; per esempio non sarebbe privo di senso aprire una riflessione sul tema del “puro e dell’impuro” che questa Pandemia ci consegna, ma per ora fermiamoci ricordando un bellissimo principio espresso con parole simili nelle tre religioni cattolica, islamica, israelitica: Chi salva un solo uomo salva l’umanità intera.
- CONTINUA –
Credo che, senza pretesa di confutare la visione delle cose esposta dal dr. Verteramo, l’esperienza quasi purificatrice che stiamo vivendo potrebbe generare un modus vivendi nuovo, maggiormente in sintonia con la natura, teso al conseguimento dell’interesse della comunità senza conculcare libertà individuale alcuna, ad una sola e irrealizzabile condizione: il superamento dell’ economia liberista. Non significa che dovremmo marciare uniti come una sola anima verso un improbabile regime comunistico, che in larga parte la storia ha dimostrato insostenibile (un’ottima idea di impossibile concretizzazione, a dispetto del capitalismo che è una pessima idea ma di facilissima applicazione), ma che la politica dovrebbe sempre perseguire e perfezionare quell’equilibrio, ancorché irraggiungibile, tra luno e il molteplice, disponendo leggi e regole che armonizzino le libertà individuali con l’interesse collettivo. E siccome, per farla breve, questo nostro sistema economico è fondato sul vizioso circolo “lavoro-produzione-consumi”, alimentato vorticosamente dalla pubblicità non solo dei prodotti, ma di un complessivo stile di vita che diventa cultura, cultura dell’effimero, dell’immagine, dell’insostanziale, tale sistema, dicevo, viene ora solo messo tra parentesi quasi come le potenti automobili della Formula UNO dietro la safety car, imprigionate nei loro impazienti rombanti motori, che altro non aspettano se non il segnale di ripartenza. Le decisioni politiche delle prossime settimane saranno responsabili di far tesoro degli aspetti paradossalmente e virtualmente pedagogici del periodo di pandemia così come auspicati dal’esimio psicanalista, oppure – come temo – di far ripartire la corsa delle sbuffanti macchine da corsa. In attesa della prossima pandemia.
Saluti cordiali Paolo Andreoli