
Mettersi nei panni degli altri non è sempre facile, o non lo è per tutti. Nel dibattito cultural-politico su questa guerra, la stragrande maggioranza degli italiani ha capito chi è l’aggressore e chi l’aggredito; ma qualcuno preferisce considerare le uccisioni e le devastazioni in Ucraina non un’invasione, ma quella che Putin obbliga i russi a chiamare operazione militare speciale. A sentire anche oggi il suo ministro degli Esteri Lavrov, si tratta di una difesa della nazione russa e non di quello che vediamo tutti i giorni e che ci viene più facile chiamare tentativo di annientamento di un paese sovrano.
C’è poi un altro settore di italiani che non vorrebbe che l’Europa armasse gli ucraini, ossia chi resiste ad una guerra mai dichiarata. Le ragioni sono diverse: dal pacifismo alla paura che il conflitto degeneri coinvolgendoci, alla speranza che il dialogo prevalga e l’Ucraina si arrenda salvando così molte vite umane. Il dialogo deve prevalere, certo, ma è da giorni evidente che i russi non si accontentano delle concessioni che Zelensky ha fatto quasi da subito, preferendo invece cercare di conquistare più terreno possibile.

Se ci mettessimo nei panni degli ucraini e immaginassimo che sia l’Italia a subire da un mese questo attacco, forse potremmo capire il valore della resistenza praticata a Kiev e nelle altre città di quel paese di oltre 40 milioni di abitanti, grande più della Francia. Se l’Italia fosse fuori dalla Nato e dall’Europa – quindi nessun paese amico fosse vincolato a proteggerla – avremmo da giorni città come Milano, Genova, Roma, Napoli, Venezia, Firenze, Palermo e tante altre compresi i paesi di campagna, colpite costantemente da missili lanciati da navi nel Tirreno e nell’Adriatico; avremo i nostri cieli solcati da jet nemici che bombardano e carri armati nella periferia della capitale e dentro alcuni quartieri: Parioli, Prenestino, Tuscolano, Salario…

Quanti di noi, sapendo che la resa porterebbe alla sostituzione del governo, del parlamento, degli organi giudiziari, della polizia, dei servizi e dell’esercito, ma anche della pubblica istruzione con personaggi incaricati di seguire le linee guida del partito unico, preferirebbero consegnare le nostre vite e le nostre libertà a Putin (o a un qualunque altro dittatore)?
E sentendo da un paese libero come l’Ucraina levarsi inviti a deporre le armi per non resistere più all’invasore che, in fondo, non ci sta bombardando per cattiveria, ma perché si sente minacciato dalla nostra cultura edonistica, non più attenta ai dettami della religione e non in linea con la sua, cosa penseremmo?