Il caso dei marò


 Marinai italiani imprigionati da indiani disponibili

Gli americani non acconsentirono alle autorità italiane (loro alleate) di partecipare all’esame della Toyota Corolla, traforata da buchi di mitragliatrice, su cui Nicola Calipari venne ucciso da un marine Usa in Iraq mentre portava in salvo la giornalista Giuliana Sgrena. Anzi, consegnarono l’auto molti giorni dopo l’omicidio in cui erano rimasti anche feriti la Sgrena e il maggiore del Sismi Andrea Carpani. Quindi perché stracciarsi le vesti se la magistratura indiana, di fronte all’omicidio di due suoi cittadini per cui sono sospettati altrettanti soldati italiani, dovrebbe fare favoritismi? E perché richiedere questi favoritismi? Per il sospetto di omicidio in Italia si viene arrestati; perché dovrebbe essere diverso in India? E perché trattare l’India (Paese tra l’altro uscito dal terzo mondo e prossimo a diventare una potenza mondiale) come uno Stato di serie B sospettando che sia pronto a falsificare gli esami balistici per incastrare due innocenti? A due ufficiali dei Carabinieri giunti apposta da Roma gli indiani hanno concesso di essere presenti come osservatori durante la perizia balistica sulle armi italiane sospettate di aver ucciso due pescatori indiani in acque internazionali: un gesto di cortesia, non dovuto, che il nostro ministro degli Esteri ha apprezzato.

Ai due militari italiani aspettano tre mesi di carcere preventivo, durante i quali, in via del tutto eccezionale, potranno mangiare cibo italiano e ricevere la visita del console, senza limitazioni: anche questo, come il fermo di alcuni giorni in una casa per ospiti è un trattamento di favore. La posizione difensiva italiana dice che i due hanno sparato in aria e che un’altra nave straniera aveva precedentemente ingaggiato un conflitto a fuoco con un’imbarcazione di pirati del mare. Sarà quindi il tribunale indiano, sulla scorta dell’esame balistico, a escludere o meno il coinvolgimento degli italiani nel duplice omicidio. La posizione di quanti, in Italia, ne chiedono il reimpatrio prima del giudizio, somiglia a quella degli americani che fecero di tutto perché l’Italia non giudicasse Mario Lozano (lo sparatore di Nicola Calipari) e non giudicasse i piloti che col loro volo a bassa quota causarono nel 1998 a Cavalese la caduta di una funivia e la conseguente strage del Cermis in cui persero la vita 20 turisti. E’ lo stesso atteggiamento dell’opinione pubblica statunitense che ha sempre considerato Amanda Knox innocente nel delitto della studentessa inglese Meredith Kercher per il solo fatto di essere americana. Naturalmente tutti si augurano che i marinai siano innocenti, ma in ogni caso sarebbe bello se si riuscisse a riconquistare il senso di imparzialità e di giustizia, al di là delle bandiere: perchè quei due pescatori morti non sono meno importanti di Nicola Calipari o di ciascuno dei 20 turisti precipitati al Cermis.

3 risposte a “Il caso dei marò

  1. Pingback: Il caso dei marò « ROBERTO BRUMAT | Made in India·

  2. Purtroppo il colonialismo ha lasciato segni difficili da cancellare come l’abitudine di considerare certi paesi come incapaci di democrazia e di giustizia.

    • Vero, e poi c’è il fatto che c’è sempre un altro da considerare inferiore a noi… E’ una questione di dis-umanità, che a quanto pare viene spontanea a molti. Il razzismo impera anche nei Paesi verso cui noi lo pratichiamo, ed è un razzismo che ha per vittime non noi, ma i più poveri o i più neri o quelli che hanno una religione minoritaria. Paese che vai…

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